martedì 19 agosto 2008

Tikva Ahava z.l.

Tikva Ahava era la bimba di una mia cara amica, Gal. La gravidanza mi ha portato a legare molto con Gal, mia “sorella di pancia”, pur con qualche mese di differenza: Dov doveva nascere a marzo, Tikva a giugno. Mi è stata vicinissima, anche in alcune brutte settimane. Di quelle che non si augurano a nessuno. E poi con la sua ecografia morfologica, la situazione si è rovesciata, anche se non sono sicura di essere riuscita a darle tutto ciò che ho ricevuto da lei. La sua piccola in formazione che se ne sta serenamente sguazzando nel pancione ha una brutta malformazione al diaframma. Da Gerusalemme Gal, Dave e Dahlia, la figlia più grande, tornano negli Stati Uniti a San Francisco, nel centro mondiale per queste malattie. Tikva nasce, viene operata, lotta. Una settimana fa ci ha lasciati.

Non è come le cose dovrebbero andare. I genitori non dovrebbero seppellire i propri figli. I figli dovrebbero poter crescere, sereni, sani. Da dove può venire la forza per vivere una vita che è l’esatto contrario?

Da oggi nella birkhat hamazon dirò sotto voce e non a voce alta:
נער הייתי וגם זקנתי ולו ריתי צדיק נעזב

"Sono stato giovane e sono diventato vecchio e non ho mai visto un giusto abbandonato".

Da stasera dopo lo Shema’ canterò piano piano anche il salmo 121. Lo canterò al mio piccolo. Che possa sempre sapere che le braccia dei suoi genitori sono sempre pronte ad aiutarlo e sollevarlo, ma a volte servono braccia ben più salde delle nostre. E in quei momenti (che siano rari…) sappia sentirle. E riconoscere che anche quelle sono braccia di babbo-e-mamma, ma più forti. E che in quelle più grandi c’è un amore più grande, ma anche tutto il nostro amore.