martedì 10 febbraio 2009

libertà

So che stasera magari ci sarebbe stato bene un bel post sul voto in Israele. Però ho una serie di pensieri che vorrei scrivere dopo le notizie su Eluana Englaro. O meglio, una storia di cui ho già raccontato la fine un po' di tempo fa.
L'anno scorso tra qualche settimana nasceva mio figlio. Qualche settimana prima una mia cara amica scopriva che la piccola che stava aspettando aveva una terribile malformazione: un'ernia diaframmatica. Praticamente il diaframma della piccola aveva un grosso buco sul lato sinistro e buona parte degli organi dell'addome stavano già risalendo nella cassa toracica impedendo al polmone sinistro di svilupparsi e comprimendo e spostando verso destra il cuoricino. I medici avevano dato il 30% di possibilità di sopravvivere e a dire il vero dubitavano pure che ce l'avrebbe mai fatta appena nata. La mia amica, suo marito e la loro prima bimba da Israele tornarono negli Stati Uniti presso uno dei centri mondiali per questo genere di malformazioni, per cercare di dare alla piccola le migliori possibilità di farcela. Il trasloco non era scontato, presentava problemi: interrompere i loro progetti di vita, il loro futuro. Ma sentivano di doverlo fare, di dover seguire la speranza: la bimba si sarebbe chiamata Tikva, Tikva Ahava - Speranza Amore in ebraico.
Tikva è nata il 10 giugno 2008. Circondati da amore e cure, pochi giorni dopo, Tikva e la sua famiglia hanno affrontato l'operazione che ha ricostruito il diaframma e rimesso al loro posto gli organi interni. Il caso più grave che i medici del centro avessero mai visto. Le cose sembrano andare per il meglio, nonostante gli enormi problemi: il polmone destro che pure si era sviluppato non riesce ad ossigenarsi completamente. Poi verso la fine di luglio la situazione ha un tracollo, emerge che in realtà c'è anche una malformazione ai bronchi del polmone funzionante, responsabile della mancata ossigenazione. Di crisi in crisi la situazione peggiora, fino al 7 agosto verso sera, quando Tikva se ne è andata.
Questa famiglia fantastica, a cui mi lega qualcosa che va oltre la pura amicizia, ha intrapreso tutto questo percorso sapendo che la loro bimba avrebbe potuto non farcela. Ha fatto tutto questo non mossa da spirito di sacrificio, ma per puro amore. Per amore e senso di dignità della vita.
E proprio per questa dignità ha da subito firmato il "non-resuscitation order", l'ordine di non rianimare. E per la dignità che la vita di ognuno merita, quando la situazione è diventata critica e non compatibile con una prevedibile degna vita futura, hanno guardato la loro piccola negli occhi, l'hanno ascoltata e l'hanno lasciata andare. Con dolore, con il dolore che solo una cosa che non dovrebbe mai succedere può causare: che dei genitori sopravvivano ai propri figli. L'hanno lasciata andare, regalandole gli ultimi suoi lenti respiri liberi. Gli unici che nella sua breve vita abbia mai fatto da sola. Respiri liberi, contornati da puro amore, tra le braccia della mamma, senza fili, né canule, né ventilatori. Così se ne è andata Tikva.
Perché quando non c'è altro, lasciare andare, accettare è grandissimo amore. E' fede in Dio. Nella natura. Nella vita. Come preferite.