giovedì 12 febbraio 2009

well it's complicated

Martedì è stato l'election day in Israele. Oggi sono arrivati anche i voti dei soldati e delle ambasciate che hanno confermato i risultati. Oggi già i colloqui tra i partiti. Peres convocherà a settimana nuova il candidato con più possibilità di formare un governo, che a quanto pare sarà Bibi Netanyahu. A dire il vero, mi resta il dubbio di quanto potrà mai reggere la coalizione che Bibi potrà formare con il solo blocco di destra (che pare la più probabile). Si tratta di persone con idee alquanto diverse su come le cose debbano andare - mettere insieme il matrimonio civile e l'apertura liberalizzata dei negozi di shabbat con rav Ovadia Yossef, non pare così semplice. Ma soprattutto, si tratta di personaggi che possono anche accettare di stare insieme, ma tendono ad essere piuttosto esosi. "You are a man of the world and you have got your price, I suppose" diceva Oscar Wilde. Il problema è che però non mi pare che ci sia molto da spartire.
Ma venendo ai commenti, tra i più frequenti trovo: "è un disastro (per la sinistra)", "è la fine (della sinistra)", "la sinistra è morta".... dunque, che cos'altro? Ah sì: "il Paese si è imbarbarito".
In tutto ciò, sono un paio di giorni che medito molto, anche perché quanto a fallimenti della sinistra credo di averne già visti un po'.
Innanzi tutto non è che io sia felice come una pasqua. C'ho sperato, c'ho creduto a Tzippi Livni e ad un governo di unità nazionale. Ieri ho letto un articolo in cui c'era un paragrafo che potrei sottoscrivere:
I dreamt a wild, delusional, crazy dream the night before Election Day: The moment the final results are published, Benjamin Netanyahu, Tzipi Livni, and Ehud Barak make a joint appearance on our television screens. In simple Hebrew they say: In the face of the security, diplomatic and economic threats expected by the State of Israel in the next year or two, we decided to join forces, to only see the welfare of the country before us, and to form a joint government. This government shall remain in power until the Israeli and global solution to the Iranian nuclear issue is found, or until we take a joint decision.
Ma evidentemente la politica deve fare il suo corso e le cose non andranno così.
Qualcuna ha fatto notare del resto che forse le più importanti svolte verso la pace in Israele le ha fatte la destra (o una sinistra col pugno forte) e non la sinistra, e che la sinistra non avrebbe potuto fare cose molto diverse in politica estera. E propendo veramente a darle ragione.
Ma quelli che più mi irritano sono coloro che continuano a ripetere, da Israele e da fuori, che il Paese si sta imbarbarendo. Certo Lieberman non è un signore o un Lord inglese. La storia del giuramento di fedeltà da richiedersi ai cittadini arabi la trovo non solo bruttina, ma pure molto pericolosa - si comincia con gli arabi, non si sa dove si finisce. Insomma però, diciamolo, Lieberman sarà al governo e avrà peso, ma ha meno seggi di quello che pensava (speravano di sfiorare i 20 e invece stanno a 15). E poi scusate, quelli di Shas vi fanno meno schifo?
Ma per alcuni pare che il vero nocciolo del famoso imbarbarimento della Nazione stia in realtà nel fatto che, avendo voluto seguire il fantasma di una falsa colomba (la Livni), il popolino si sarebbe ritrovato con lei a sostenere che Hamas dovrebbe essere sradicata e Shalit dovrebbe tornare a casa. Ora mi domando e dico: che cosa ci sarebbe di male nel volere che una organizzazione terroristica venga eliminata e che un cittadino israeliano, prigioniero da più di due anni, senza la garanzia di alcuna convenzione internazionale, se ne possa tornare (speriamo vivo) a casa?
In secondo luogo, provate a guardare la cosa come se non si trattasse di Israele. Partiti che calano della metà dei seggi (Meretz) o di circa un terzo (Labor), secondo voi hanno qualche ragione di accusare l'elettorato imbarbarito che sbaglia? O dovrebbero piuttosto pensare a che cosa non ha funzionato? O meglio diciamocelo, che cosa da anni non funziona? Forse che alcune idee, che so su Hamas o Shalit, non sono così con i piedi per terra?
Orientamento politico: well, it's complicated

mercoledì 11 febbraio 2009

Monday, March 27, 2006

C'è solo da cambiare un nome...

martedì 10 febbraio 2009

libertà

So che stasera magari ci sarebbe stato bene un bel post sul voto in Israele. Però ho una serie di pensieri che vorrei scrivere dopo le notizie su Eluana Englaro. O meglio, una storia di cui ho già raccontato la fine un po' di tempo fa.
L'anno scorso tra qualche settimana nasceva mio figlio. Qualche settimana prima una mia cara amica scopriva che la piccola che stava aspettando aveva una terribile malformazione: un'ernia diaframmatica. Praticamente il diaframma della piccola aveva un grosso buco sul lato sinistro e buona parte degli organi dell'addome stavano già risalendo nella cassa toracica impedendo al polmone sinistro di svilupparsi e comprimendo e spostando verso destra il cuoricino. I medici avevano dato il 30% di possibilità di sopravvivere e a dire il vero dubitavano pure che ce l'avrebbe mai fatta appena nata. La mia amica, suo marito e la loro prima bimba da Israele tornarono negli Stati Uniti presso uno dei centri mondiali per questo genere di malformazioni, per cercare di dare alla piccola le migliori possibilità di farcela. Il trasloco non era scontato, presentava problemi: interrompere i loro progetti di vita, il loro futuro. Ma sentivano di doverlo fare, di dover seguire la speranza: la bimba si sarebbe chiamata Tikva, Tikva Ahava - Speranza Amore in ebraico.
Tikva è nata il 10 giugno 2008. Circondati da amore e cure, pochi giorni dopo, Tikva e la sua famiglia hanno affrontato l'operazione che ha ricostruito il diaframma e rimesso al loro posto gli organi interni. Il caso più grave che i medici del centro avessero mai visto. Le cose sembrano andare per il meglio, nonostante gli enormi problemi: il polmone destro che pure si era sviluppato non riesce ad ossigenarsi completamente. Poi verso la fine di luglio la situazione ha un tracollo, emerge che in realtà c'è anche una malformazione ai bronchi del polmone funzionante, responsabile della mancata ossigenazione. Di crisi in crisi la situazione peggiora, fino al 7 agosto verso sera, quando Tikva se ne è andata.
Questa famiglia fantastica, a cui mi lega qualcosa che va oltre la pura amicizia, ha intrapreso tutto questo percorso sapendo che la loro bimba avrebbe potuto non farcela. Ha fatto tutto questo non mossa da spirito di sacrificio, ma per puro amore. Per amore e senso di dignità della vita.
E proprio per questa dignità ha da subito firmato il "non-resuscitation order", l'ordine di non rianimare. E per la dignità che la vita di ognuno merita, quando la situazione è diventata critica e non compatibile con una prevedibile degna vita futura, hanno guardato la loro piccola negli occhi, l'hanno ascoltata e l'hanno lasciata andare. Con dolore, con il dolore che solo una cosa che non dovrebbe mai succedere può causare: che dei genitori sopravvivano ai propri figli. L'hanno lasciata andare, regalandole gli ultimi suoi lenti respiri liberi. Gli unici che nella sua breve vita abbia mai fatto da sola. Respiri liberi, contornati da puro amore, tra le braccia della mamma, senza fili, né canule, né ventilatori. Così se ne è andata Tikva.
Perché quando non c'è altro, lasciare andare, accettare è grandissimo amore. E' fede in Dio. Nella natura. Nella vita. Come preferite.