giovedì 16 ottobre 2008

tempo di raccolto

Sukkot, tempo di raccolto. Tempo di godersi gli ultimi frutti della bella stagione, di cominciare a gustarsi qualche cavolo e le prime castagne.
Tutto questo mi fa ritornare in mente una discussione avuta questa estate. A dire il vero una serie di discussioni da patana di shabbat pomeriggio, che si ripropongo anche a distanza di settimane ogni volta che le solite persone si ritrovano intorno al tavolo.
La discussione riguadava la kasherut e l'essere vegetariani. Essere vegetariani significa mangiare kasher? Ho scoperto che molte persone a prima vista tendono a dire sì. E sconvolge molti far notare che il formaggio molte volte non è kasher perché usa caglio animale (mescolando così carne e latte) oppure che le uova vanno controllate per vedere se sono fecondate. Il massimo dell'incredulità lo si ottiene quando si arriva ad affermare che anche a mangiare verdura si rischia di non mangiare kasher: lasciando perdere i possibili insetti tra le foglie dell'insalata, restano comunque le normative relative alla agricoltura, come l'anno sabbatico che si è appena concluso in Israele.
Si leva allora classica la questione, ma insomma troppa roba, troppe norme. Andiamo al succo: quale è il significato di fondo del mangiare kasher. Ed è qui che il vegetariano ti frega, tirando in ballo che il senso - in fondo in fondo - sta nell'evitare di esercitare violenza e siccome essendo vegetariani non si esercita violenza, ciò è da preferirsi.
Non ho niente di personale contro i vegetariani, anche se tendenzalmente li trovo alquanto talibani. I miei gusti mi portano a non essere vegetariana, anche se non sono una carnivora incallita. Più di una volta mi sono anche trovata a pensare che grazie al cielo esistono i macellai, perché se dipenesse da me non avrei mai cuore di ammazzare una bestia per piccola che sia.
Poi però, un giorno, ho sentito una sega elettrica all'opera e mi sono affacciata: stavano tagliando una bellissima pianta di gelsomino, completamente in fiore. Ho chiesto alla vicina del piano terra. Mi ha risposto: "Mi dava noia". Me ne sono andata via disgustata.
Lezione che ho imparato sul perché non sono vegetariana.
L'uomo ha in mano la natura e non può che esercitare violenza su di essa, anche con la sua stessa presenza. Talvolta si fa anche prendere a mano. La differenza tra lo strappare una pianta e l'uccidere una mucca non sta nel fatto che la mucca abbia gli occhi o che stia più in alto nella scala del creato. A dire il vero non vedo affatto una differenza, sono due atti di violenza che l'uomo compie contro la natura - certo per cibarsi, per sopravvivere - ma tali entrambi restano.
Il vegetarianesimo vorrebbe come fine ultimo eliminare la violenza da questo mondo, non riesco a vedere come ci possa riuscire. L'ebraismo invece ci insegna che essa scomparirà
bayom hahu nell'era messianica, non baolam haze. Adesso ci dobbiamo convivere. E per fare ciò bisogna in primo luogo accettarla come perte del nostro essere umani, regolarla perché non ci porti ad eccessi. In questo vedo il senso profondo della kasherut.
Non basta salire sul pistillo di un fiore per salvare il mondo. Nè tantomeno ridursi a brucare come capre.